Caro Diario

sventurata è la vista che si trova dinnanzi a tale monstruosità! Un’arena per ludi pedatori dall’architettura futuristica, insensata titanica creazione, con finanche un parcheggio sotterraneo per carrozze semoventi conficcata nel cuore della città! Che arditezza, che sacrilegio nei confronti dell’armonia architettonica che fino ad oggi, con tanto impegno, i miei amati sudditi avevano saputo preservare.

Chi sono questi figuri, sbarcati dalle lande transoceaniche ostentando tasche traboccanti, che ardiscono erigere simili costruzioni circensi, altari alla Dea Eupalla, meta di plebi vocianti e orde di lanzichenecchi latori di disordini e tumulti?

E che ne pensano gli sconsiderati che amministrano quella che fu la capitale del mio augusto regno? Non avranno intenzione di porre il loro sigillo su questa dissennata intrapresa?

Ma, come si conviene a noi nobili, sappiamo volgere un guardo indulgente anche a tali sventure. Forse, in qualche maniera bizzarra, intendono rendere tributo ai loro illustri progenitori. Forse vogliono dimostrare con questa creazione, in cui il buon gusto e la saggezza sono stati sacrilegamente conculcati, che la nostra grandezza non può essere superata. Perché altrimenti nulla, se non un incubo o qualche malsano delirio, potrebbe spiegare un simile affronto alla bellezza e all’eleganza che la nostra epoca ha saputo generare!

Sarà, dunque, un’insolita pietra miliare nella storia della nostra città, un segno di un’epoca futura che forse riusciremo a decifrare soltanto con l’andar del tempo. E che tempo! 90 anni nientemeno, a quanto mi è stato riferito, di occupazione da parte dei barbari. Ben strano destino, essere spettatori di questo strambo balletto tra il passato e il futuro, mentre noi nobili continueremo ad alimentare l’eterna fiamma della tradizione e della nobiltà d’animo.

Tua Duchessa ML Asburgo Lorena

Oh, caro diario,

sono qui a sfogare la mia pena e la mia incredula indignazione per l’assurdità di cui sono testimone. Sì, perché oggigiorno le stranezze sembrano dilagare come la peste, e la mia pazienza aristocratica è messa a dura prova!

Ebbene, nel cuore della nostra sventurata città, una bislacca decisione è stata presa da coloro che indegnamente la governano in mia vece: il divieto di vendere bevande in bottiglia nelle ore serali! Un affronto senza precedenti alla nostra gloriosa tradizione di festeggiamenti e baccanali, che ci ha portato al culmine della civiltà!

Ma chi sono costoro che osano privarci delle deliziose libagioni che deliziano i palati e rallegrano l’umore? Certo, potrei fare un lungo elenco delle ragioni per cui questa decisione è del tutto folle, ma sarebbe come cercare di istruire un lanzichenecco nelle arti delle buone maniere!

E così, oggi mi è giunta voce di questa sciagurata restrizione. All’inizio, pensavo fosse una sorta di beffa, ma, oh, il dolore quando ho capito che era tutto vero! Dopo avere rivolto al tristo latore della novella un attonito “ma dabò?”, subito seguito da un indignato “che nador!” ho immediatamente convocato il gabinetto dei miei consiglieri, per discutere di questo gravissimo affronto alla nostra società. Il mondo sta impazzendo, sono forse io l’unico faro di lucidità in questo marasma!

Come potremo continuare a tessere i nostri intrighi, i pettegolezzi e gli affari di cuore senza il prezioso aiuto delle libagioni? Le notti nei saloni nobiliari e nelle strade della città saranno ridotte a ritrovi tediosi e sonnolenti, e la nostra società, orba del suo tonico preferito, perderà ogni fascino.

Ma, caro diario, ecco il culmine dell’assurdità: sembra che la ragione addotta per tale divieto sia la preservazione della pubblica sicurezza, del decoro urbano e della quiete pubblica! Parole vuote di senso, degne di politici retrivi, privi di idee. Come se vietare le bottiglie di vetro e riempire gli augusti lastricati delle nostre strade di dozzinali bicchieri di plastica potesse condurre alla redenzione dei vizi del popolino! Ma noi siamo nobili, siamo fatti di una pasta diversa, non ci lasciamo sedurre da queste favelle ingannevoli!

In conclusione, caro diario, sono sconvolta da questa bizzarra decisione! Ma non temere, perché la mia indignazione e il mio spirito ribelle mi spingeranno a trovare un modo per eludere questa meschina prevaricazione. Il nobile ingegno non conosce ostacoli, e se qualcuno vuole privarci dei piaceri di Bacco, allora dovremo ricorrere a misure segrete per assaporare le nostre bevande preferite.
Al diavolo i divieti, siamo nobili, siamo scandalosi, siamo vivaci! Che il mondo sappia che la Duchessa non sarà mai domata da leggi tanto ridicole.

Tua Duchessa M.L. d’Asburgo Lorena

Caro Diario,

Oh, l’incessante stillicidio delle sciagure che affliggono i nostri tempi! Oggi mi trovavo di fronte a una situazione di una viltà tale da far impallidire i gigli dei nostri campi e far rabbrividire i denti delle menestrelle nelle loro rime canterine. Sono stata chiamata a pronunciare il mio giudizio su una proposta di espansione del malandato aeroporto della mia amata Parma, uno scempio e un insulto al buon gusto aristocratico che ancora grida nella mia anima, almeno quanto griderebbe alle orecchie dei miei amati sudditi il frastuono delle carrozze volanti per il trasporto delle mercanzie, detti cargo.

Con l’aria sprezzante e la grazia tipiche di una duchessa, ho accolto i messaggeri dei comuni mortali che si permettevano di chiedermi consiglio su tale vicenda, uno dei quali addirittura dal triplo cognome e dalle auguste ascendenze. Quelle creature si pavoneggiavano davanti a me con il loro debole argomentario, nominato masterplan con vezzo albionico, farneticando di utilità economica e di connettività mondiale. Come osavano tentare di sedurre la mia nobile ragione con tali melodie volgari! Quando poi, ohibò, nemmeno una diligenza alata conduce a Parigi, dove potrei recarmi in visita al mio imperiale consorte.

Ho ascoltato le loro parole, eppure i miei pensieri si sono perduti in un vortice di disprezzo. Ho quindi preso in mano la mia penna e ho scritto una risposta affilata come una spada adornata, pronta a colpire le loro speranze sperdute. Mi sono concessa una gioia sinistra nell’arricciare le lettere, inchiostro scuro come l’abisso della loro insensatezza.

“Cari concittadini”, ho iniziato, “permettetemi di esprimere la mia commozione per la vostra audacia nel rivolgervi a me per il mio giudizio. Tuttavia, devo informarvi che la vostra proposta di espandere l’aeroporto locale è tanto ridicola quanto il vestito di un pagliaccio durante una celebrazione reale.”

Ho continuato a ricordare loro la nobiltà delle nostre terre, la delicatezza delle nostre tradizioni e l’immortalità della nostra eredità culturale. Li ho scherniti per la loro cecità nell’apprezzare la bellezza e la maestosità che permea il nostro regno.

“Inoltre”, ho scritto con un pizzico di beffa, “non mi sembra che il vostro disastroso aeroporto in declino richieda un’espansione. Forse, invece, dovreste più saggiamente considerare di farne campi di pallacorda o arena per ludi equestri”

Ho concluso la mia lettera con un’accorata invocazione per il loro ritorno alla ragione e per l’abbandono delle loro ridicole ambizioni. “Nobilissimi sudditi, fatevi coraggio”, ho scritto con sarcasmo acuto come il taglio di un fioretto. “Il vostro aeroporto può cadere nel dimenticatoio come una piuma spazzata via dal vento, mentre noi, nobili spiriti, continueremo a governare queste terre con grazia e magnificenza.”

Oh, caro diario, mi sono deliziata nel redigere questa risposta. La mia penna danzava sulla carta come una ballerina in un ballo raffinato. È giunto il momento di far risuonare la voce dell’aristocrazia e di smascherare le sciocchezze dell’era moderna. Non c’è spazio per l’espansione di un aeroporto in fallimento in questo mondo di eleganza e raffinatezza.

Che le mie parole risuonino per secoli a venire, a perenne ricordanza della mia saggezza regale.

Tua Duchessa

M.L. d’Asburgo-Lorena

Caro diario,
Con profonda e smarrita perplessità mi rivolgo a te, orecchio discreto dei miei turbamenti, affinché conosca le amare vicende che hanno gettato un’ombra di sconcerto e indignazione sul mio nobile cuore. Il mio scritto odierno non nasce dal desiderio di tormentarti con le mie lamentele, ma dalla necessità di condividere il mio dispiacere per un fatto che ha scosso le fondamenta dell’armonia e della dignità nella nostra raffinata dimora.

Si dà il caso che la nostra reggia, luogo di grazia e distinzione, sia stata recentemente invasa da ghenghe composte di individui chiassosi, armati di strumenti rudimentali e dalla musica rumorosa e selvaggia, accompagnata da moltitudini dalla condotta non meno clamorosa, che con il loro fragore insensato hanno violato la quiete e l’eleganza dell’augusto giardino.

Ma più di tutto mi ha gettato in ambasce scoprire che in queste nefande occasioni il parco è precluso alla frequentazione dei miei amati sudditi, che da sempre ne fanno luogo di svago e ricreazione, non di rado peccaminosa, e vi trovano sollievo dalle giornate canicolari.

Prego che tanti condividano il mio dispiacere e si uniscano alla mia voce per richiedere che la dignità e l’ordine siano ripristinati nel nostro giardino.

Chiedo che sia restituito ai miei amati sudditi, per riportare loro la serenità e la bellezza che solo il verde può offrire. Sono certa che la mia preoccupazione sarà compresa, e che le plebi si uniranno a me in questa nobile causa.

Tua Duchessa M.L. d’Asburgo Lorena